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L’Omnipotente si è fatto tutto debolezza.



Ed ecco che Dio, confondendo la saggezza e la scienza di questo mondo, si è mostrato agli uomini nella forma che questi non avrebbero potuto neanche immaginare…


L’Impero Romano aveva raggiunto l’auge del progresso, ma nel contempo era affondato in un abisso di decadenza morale. Il mondo civilizzato non trovava soluzione ai suoi problemi. così un fragile Bambino venne a portare la luce sulla terra.

Molto si è parlato della grandezza e dello splendore dell’antica Roma…e non senza ragione. Basta fare una rapida visita alla Città Eterna, percorrere i Fori imperiali, ammirare le gigantesche rovine delle Terme di Caracalla, contemplare, per alcuni istanti, il Colosseo o fermarsi davanti al famoso Pantheon, le cui proporzioni architettoniche lasciano estasiati gli specialisti moderni, per rendersi conto degli innumerevoli doni di intelligenza ed organizzazione di cui poté beneficiare il popolo romano. Questi ha saputo fare uso delle sue capacità naturali. Unendo allo spirito imprenditoriale una rara acutezza, si è imposto agli altri popoli, quasi tutti sprofondati nella più completa barbarie, instaurando una civiltà alla sua maniera: l’agricoltura e l’allevamento sono diventati fiorenti, sono state erette costruzioni solide e imponenti, le città sono divenute popolose, le strade sicure, la pax romana è stata imposta in ogni dove, fino agli estremi confini dell’Impero. Guardando il cammino percorso, i romani potevano sentire una comprensibile fierezza per aver raggiunto un’auge di cultura, ricchezza e potere.

L’egoismo era la legge che reggeva le azioni degli uomini


Tuttavia, la realtà di questo quadro – dipinto con entusiasmo da alcuni illustri personaggi come Seneca, Plinio e Plutarco – ci appare molto differente se consideriamo, nei suoi dettagli, la decadenza sociale e morale del mondo romano di allora. Sotto un’apparenza di splendore palpitava una profonda miseria. Roma era diventata, non la regina, ma la tiranna dell’umanità. Dappertutto il contrasto tra la ricchezza e l’indigenza era accentuato, come il dominio dispotico del forte sul debole. L’egoismo era la legge che reggeva le azioni dell’uomo.

Dall’altro lato, un’immensa corruzione dei costumi dilagava su tutto il territorio dei cesari. L’esistenza dei cittadini liberi si svolgeva in un ozio propizio a tutti i vizi, nella ricerca scomposta del lusso e dei piaceri. Le cronache dell’epoca ci descrivono alcuni dei divertimenti che tanto attiravano le folle: orge, corride, lotte di gladiatori, commedie. Quello che più piaceva a quel popolo abbruttito era veder scorrere il sangue umano; con frequenza esso si mostrava esigente con gli imperatori, se lo spettacolo non era sufficientemente sanguinario da causare loro il delirio.

Per comprendere lo stato di degradazione e immoralità in cui affondava la società antica, basta ricordare la lettera di San Paolo ai Romani, nella quale l’Apostolo recrimina gli scandali e gli abusi ai quali essi erano giunti, per non aver cercato di arrivare a Dio attraverso le creature.

Tutti cercavano la felicità laddove essa non si poteva trovare


Questa situazione creava in Asia, in Africa e in Europa un’atmosfera irrespirabile. Tutto quanto gli uomini avevano desiderato e conquistato lasciava nel loro animo un terribile vuoto e persino un terribile tormento. Niente riusciva a calmare i loro appetiti sregolati, rincorrevano la felicità, ma la cercavano dove essa non si poteva trovare e quando credevano di averla trovata, constatavano che essa non poteva saziare. Tutti sentivano aleggiare una grande crisi che minacciava di sfociare inevitabilmente nella rovina. Così, il quadro dei popoli sembrava immerso in dense tenebre e la Storia era, per così dire, sospesa nella muta aspettativa di una soluzione per così tanti e gravi problemi.

Non mancavano, nel frattempo, anime buone che manifestavano la loro indisponibilità a conformarsi a tutti questi farneticamenti e conservavano una vaga reminiscenza della promessa, trasmessa da Adamo ed Eva al momento della cacciata dal Paradiso, dell’arrivo di un Salvatore.

Da dove poteva mai venire quest’uomo tanto atteso dai popoli? Che si trattasse di un saggio o di un uomo potente? Oppure di un principe o un generale dotato di potere e forza straordinarie, capace di dominare su tutta l’umanità? Tutti gli occhi erano ansiosamente alla ricerca di qualcuno dal quale potesse venire il soccorso…

Il regno della grazia, della bontà e della misericordia


Ed ecco che Dio, confondendo la saggezza e la scienza di questo mondo, si è mostrato agli uomini nella forma che questi non avrebbero potuto neanche immaginare: un neonato tenero, fragile, comunicativo, disteso sopra la paglia di una mangiatoia, sorridente!

Lì, in fondo ad una stalla, nell’umile città di Betlemme, sta adagiata la Seconda Persona della Santissima Trinità, fatta Bambino per collocarsi alla nostra altezza e mettersi a nostra disposizione. Egli non viene convocando soldati, né imponendo gioghi, né esigendo tributi; non Si manifesta sotto le folgori della giustizia punitiva che si era rivelata nell’Antico Testamento. Al contrario, questo Dio onnipotente si è fatto tutto debolezza, il simbolo della regalità riposa ora sulle spalle di un incantevole Neonato che apre graziosamente le braccia e sembra dire, tra i suoi infantili vagiti, ciò che più tardi annuncierà a tutte le generazioni: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mt 9, 13). Sì, è un regno che Egli viene a stabilire, ma questo sarà il regno della grazia, della bontà e della misericordia.

Oh! Che l’umanità intera, stanca e oberata dal peso dei suoi peccati, venga a prostrarsi davanti a questo splendido presepio nel quale si trova non solo il fieno degli animali, ma anche l’alimento degli Angeli! Che l’uomo vecchio si liberi dalle azioni delle tenebre e corra ad adorare, intenerito, la Divina Creatura che gli porta la luce!

Nel pieno della notte scura e fredda, un mondo nuovo comincia a sorgere intorno alla sacra grotta dove veglia Giuseppe immerso in un profondo rispetto, prega Maria in materna contemplazione e dorme il Bambino in una pace celestiale…


Fonte: Rivista Araldi del Vangelo Dicembre 2006 
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