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Gli scontri del Divino Apologeta

Immagine del redattore: Araldi del VangeloAraldi del Vangelo

Gli scontri del Divino Apologeta


Percorrendo il Vangelo balza agli occhi costantemente, lo scontro di due mentalità,: quella Divina e quella umana, da cui risulta una vera e Divina Apologia. Durante la sua vita pubblica, il Divino Maestro ha dovuto combattere contro un terribile errore che si diffondeva e s’infiltrava tra il popolo eletto, e forse, potremmo dire che sia stato questo il paradigma dell’azione del male: il farisaismo. Uno scontro tale che, come sappiamo, è culminato nella persecuzione del Redentore, e nella sua stessa morte.


La dottrina cattolica ci insegna che quando l’uomo era in Paradiso, la sua intelligenza era governata e illuminata dalla grazia, in modo tale che – se Adamo fosse rimasto fedele – gli sarebbe stato impossibile cadere in qualsiasi errore, per quanto piccolo fosse. Tuttavia, dopo aver commesso il peccato, tanto Adamo, quanto tutta la sua posterità, diventarono propensi a ogni specie di deviazioni, creando così dottrine false che giustificavano il loro modo errato di vivere. Ed è questa una delle ragioni, per le quali Dio invia i suoi Servi e Profeti: per difendere la sua Vera Dottrina contro gli errori che facilmente sorgono nelle più svariate epoche storiche.


Se analizziamo l’Antico Testamento, vedremo fatti che dimostrano quanto è necessario che ci siano uomini santi che guidino il popolo sulla via della verità e della rettitudine. In questo modo, per quanto la storia dell’Apologetica abbia il suo inizio nei primi secoli del Cristianesimo, ben potremmo denominare questi uomini Provvidenziali – inviati da Dio nell’Antico Testamento – “Proto-Apologeti”, titolo proprio di coloro che difendono la dottrina, contro le eresie e le deviazioni del loro tempo.


I Patriarchi, uomini di eccelsa virtù, robusta personalità, Fede incrollabile, autentiche immagini di Dio per quegli uomini rudi non ancora bagnati dal Preziosissimo Sangue del Salvatore, furono, a loro modo, apologeti; posteriormente, Dio si fa rappresentare dal lignaggio spirituale dei dodici Giudici, e successivamente, dagli uomini della dinastia reale che rimasero fedeli. Tutti loro dovettero affrontare l’opinione pubblica dominante. Alcuni esempi sono Giosia, che “rimosse tutti gli abomini da tutti i territori appartenenti agli Israeliti e costrinse quanti si trovavano in Israele a servire il Signore loro Dio” (2Cr 34,33); e Ezechia, che distrusse i luoghi alti e fece cessare l’idolatria che si diffondeva tra il popolo eletto (2Re 18, 3-4). Tuttavia, “Dio si manifestò in maniera più splendente attraverso i Profeti, uomini focosi che facevano invettive e minacciavano chi tra il popolo si allontanava dalla sana dottrina o deturpava la vera Religione”. (CLÁ DIAS, 2005, pp. 17-18) Senza dubbio, Patriarchi, Giudici, Re e Profeti non furono che prefigurazioni di Colui che è “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6): Gesù Cristo, la Seconda Persona della Santissima Trinità.


Come ci insegna San Paolo, Nostro Signore è venuto al mondo nella “pienezza dei tempi”. (Gl 4, 4) Questa “pienezza” può essere intesa in vari modi, uno dei quali, l’apice della decadenza dell’umanità, ma soprattutto all’interno dello stesso Popolo eletto. Così, “il Verbo si fece carne” (Gv 1, 14) essenzialmente per redimere il genere umano, riallacciando così i legami tra il Creatore e la creatura, e inoltre, facendo straordinarie rivelazioni mai immaginate prima. Ora, Egli “venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto”. (Gv 1, 11) Tali rivelazioni furono respinte da molti suoi contemporanei, dando origine a uno scontro continuo di due mentalità: quella della “grazia e verità” e quella dell’ “osservanza travisata della Legge di Moisè”, denominata da diversi autori come: farisaismo.


I farisei dedicavano una maggiore attenzione alle questioni relative all’osservanza delle leggi di purezza rituale, quelle stabilite per il culto, e cominciarono a marcare la vita in tutte le azioni quotidiane, rendendole ritualizzate. Per il fariseo, “la giustizia era mera apparenza, e la purezza rituale praticamente sostituiva la santità interiore” (HERRERA ORIA, 1959). Dopo la ricompilazione di una serie di tradizioni e modi per far rispettare la legge, passarono a dare una maggiore importanza a questae “Torah orale” piuttosto che alla Legge vera, ossia, la Torah o Pentateuco. Per questo motivo, i farisei avevano la mania di essere meticolosi nell’osservanza delle piccole norme sociali e religiose in modo da creare 613 precetti (FRANZERO Apud HERRERA ORIA, 1954), che avrebbero dovuto essere osservati da tutti. Norme molte volte ridicole, come per esempio, se era lecito mangiare l’uovo che una gallina aveva deposto il giorno di sabato.


Ecco perché Nostro Signore li rimproverava, affermando che essi “legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito” (Mt 23, 4), e li censurava, come ci racconta San Marco: “Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini. […]Siete veramente abili nell’eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione”. (Mc 7, 8-9)



Crocifisso

Il Divino Maestro continua con un altro rimprovero: “Guai a voi, guide cieche!” (Mt 23, 16) Questo perché? Perché essi erano stati i più ferrei oppositori del Regno di Dio portato dal Salvatore. A causa della grande influenza che esercitavano sul popolo, avevano inculcato in esso una mentalità errata riguardo al Messia, presentandoLo come colui che avrebbe introdotto un regno stabile per i giudei, e che li avrebbe elevati alla supremazia sugli altri popoli, idea questa, trionfalista e di stampo marcatamente politico e che, purtroppo, si era sviluppata tra il Popolo eletto per secoli grazie alle influenze farisaiche. (CLÁ DIAS, 2005)


Tuttavia, la fama di Gesù si propagava rapidamente, a causa della grandezza dei numerosi miracoli che realizzava. Per questa ragione, i farisei chiedevano al Divino Maestro una dichiarazione tassativa: volevano sapere se era o no il Messia. La domanda era di per sé ragionevole però, era piena di cattiveria, perché anche se Gesù avesse loro risposto in modo affermativo, essi non avrebbero creduto, poiché la sua Divina figura contrariava la concezione errata che essi avevano creato del Messia. In fondo, tutto questo veniva fatto per coglierLo in qualche espressione presumibilmente blasfema, per avere così l’occasione di catturarLo, “tuttavia, nessuno inganna il Salvatore. Quante volte, nel corso della Storia della Chiesa, empi ed eretici si sarebbero serviti degli stessi pretesti di quei farisei”. (CLÁ DIAS, 2007, p.13) Poiché non volevano capirLo, non si lasciarono incantare dal Messia come Egli realmente è; infatti, desideravano che il Messia si adattasse a loro così com’erano, con i loro capricci e le loro manie. “A nulla valsero tutti i miracoli, le predicazioni, e neppure la manifestazione delle virtù di Gesù per dissolvere il duro egoismo di quegli increduli farisei!” (CLÁ DIAS, 2007, p 13)


Come si spiega la furia di odio contro il Divino Salvatore? Avrebbe Egli commesso qualche crimine? Che Egli fosse venuto ad abolire la Legge di Mosè?


No! Gesù stesso dichiara, dopo il Sermone della Montagna, che secondo Sant’Agostino contiene la sintesi delle dottrine e dello stile di vita portati da Nostro Signore: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento”. (Mt 5, 17) Tuttavia, i farisei rifiutarono questo invito ad maiorem, preferendo rimanere ancorati ai concetti antichi.


Anche di fronte alla dolorosa camminata verso il Calvario, Gesù non esita. Prende la sua croce e va incontro alla morte “come agnello condotto al macello”. (Is 53,7) Non c’è stato né ci sarà nella Storia un martirio che possa eguagliarsi a quello a cui si sottopose Nostro Signore Gesù Cristo. Essendo “Martire dei martiri, Martire per eccellenza, comprò col suo Sangue adorabile la perseveranza di tutti coloro che, nei secoli futuri, avrebbero dovuto percorrere le vie dell’olocausto, consegnando le loro vite in difesa della Verità.” (CORREA DE OLIVEIRA, 1977)


E così, il Divino Apologeta testimoniò col suo stesso Sangue la Verità che per tutta la sua vita terrena insegnò e difese.

RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICIBIBLIA SAGRADA. Traduzione dei Monaci di Maredsous. 36. ed. São Paulo: Ave-Maria, 2002.CLÁ DIAS, João Scognamiglio. L’immagine sacra può esprimere molto più delle parole. Araldi del Vangelo. São Paulo: Agosto,n 44, pp.16-19, 2005.______. Il fariseo e la peccatrice. Araldi del Vangelo. São Paulo: giugno, n 30, p.6-11, 2004.______. Loglio, senape, lievito e il Regno. Araldi del Vangelo. São Paulo: luglio, n 43, p.6-11, 2005.______. Siamo tutti pecorelle di Gesù? Araldi del Vangelo. São Paulo: Aprile,n 64, 10-17, 2007.FLAVIO GIUSEPPE. Storia degli Ebrei. Traduzione di Don Vicente Pedroso. São Paulo: Américas, 1956, v 7.HERRERA ORIA, A. La palabra de Cristo. 2. ed. Madrid: BAC, 1959, v 6.______. La palabra de Cristo. Madrid: BAC, 1954, v 3.CORREA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza sulla Passione di Gesù. São Paulo: Auditorio San Michele, 16 mar 1977.SANT’AGOSTINO. Sul sermone del Signore nella Montagna. Campo Grande: Edizioni Santo Tomás, 2003.

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