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La virtù della sagacia – “La Sua unzione vi insegna ogni cosa”.


Nella vita di tutti i giorni, non di rado ci troviamo di fronte a situazioni difficili, in cui ci viene richiesto di prendere una decisione rapida e ci manca l’aiuto di un vicino. Come dobbiamo comportarci in queste occasioni?


Entrando in contatto con le narrazioni dei Santi Vangeli, incontriamo circostanze in cui le infinite virtù di Nostro Signore si manifestano formando un insieme ineguagliabile di perfezioni. In un passo, traspare la sua infinita bontà, disposta a perdonare tutto e ad accogliere anche i più miserabili; in un altro, la sua intransigente giustizia, che Lo porta a cacciare dal Tempio venditori e cambiavalute; in un terzo, il suo profondo spirito di raccoglimento, che si rivela nelle prolungate ore di intima unione con il Padre.


Ebbene, c’è una virtù senza la quale la panoplia di perfezioni che vediamo nell’Uomo-Dio sarebbe monca e incompleta. Egli la dimostrò soprattutto nelle discussioni contro i farisei e i maestri della Legge, quando, di fronte alle trappole maligne, sapeva dare la risposta giusta che lasciava i suoi avversari in una situazione imbarazzante. Questa virtù è la sagacia.


Sviluppo della virtù della prudenza

Per capire la sagacia, dobbiamo prima conoscere la virtù di cui è uno sviluppo: la prudenza.


Questa virtù cardinale non deve essere intesa nel senso che le diamo generalmente nella vita quotidiana. Prudente non è semplicemente colui che non corre mai rischi e che sa come evitare pericoli o inconvenienti. La vera prudenza ha un significato più ampio.


Quando abbiamo un obiettivo, possiamo scegliere diversi percorsi per raggiungerlo, alcuni più adeguati e altri meno. Ebbene, è la prudenza che ci porta a scegliere il meglio, perché è proprio di chi pratica questa virtù “avere un giusto giudizio su ciò che si deve fare”. 1

Banditi che assaltano un viaggiatore, di Leonardo Alenza – Museo di Belle Arti, Bilbao (Spagna)

Ovviamente, nessuno nasce sapendo come affrontare tutte le situazioni possibili e immaginabili; è necessario acquisire questa conoscenza durante la vita. E questo si ottiene, secondo San Tommaso d’Aquino,2 attraverso la docilità e la sagacia.


Possiede docilità colui che sa cercare un altro per ricevere insegnamenti che perfezionino il proprio giudizio. Un uomo non può scoprire tutte le cose da solo e da qui nasce la necessità di essere istruito. 3


La sagacia, a sua volta, è la qualità d’animo di chi, di fronte a una situazione nuova, spesso complessa e delicata, scopre da solo ciò che deve fare. Aristotele diceva che è “la congettura facile e rapida circa i mezzi”. 4


Queste due virtù si completano a vicenda, perché il sagace deve anche essere docile, non appoggiandosi sulla propria prudenza (cfr. Prv 3, 5), ma confidando nell’aiuto di Dio che verrà in suo soccorso anche nelle occasioni più inaspettate, molte volte attraverso il monito di un padre, di un amico o di un maestro. Allo stesso modo, anche la persona docile deve essere sagace per saper discernere i buoni consigli da quelli cattivi… 5


Praticata in situazioni che richiedono decisioni rapide

Comprenderemo più adeguatamente cosa sia la sagacia e la sua relazione con la prudenza se prendiamo come esempio la vita di San Paolo.


Non c’è il minimo dubbio che questo Santo sia stato un modello luminoso di prudenza, che in certe occasioni si dispiegava in manifestazioni di incomparabile sagacia. Questo è ciò che accadde quando lo portarono prigioniero davanti al Sinedrio, riunito per giudicarlo e condannarlo.


Nel giro di pochi istanti si rese conto che lì si trovavano sadducei e farisei, i quali non si intendevano in merito alla risurrezione dei morti. Per raggiungere il suo obiettivo – liberarsi dal carcere e dalla morte – l’Apostolo sollevò la questione controversa: “Fratelli, io sono un fariseo, figlio di farisei; io sono chiamato in giudizio a motivo della speranza nella risurrezione dei morti” (At 23, 6). L’affermazione generò presto una discussione così accalorata che fecero allontanare San Paolo da loro, dimenticandosi che erano lì per giudicarlo.


Così, potremmo dire in modo piuttosto informale, ma forse didattico, che la sagacia è la prudenza praticata ad alta velocità.


Partendo da questi presupposti, sembra perfettamente legittimo applicare a questa virtù una divisione che San Tommaso6 utilizza per la prudenza, purché teniamo presente la seguente sfumatura: la sagacia è praticata in situazioni che richiedono decisioni rapide e senza l’insegnamento di altri.


Astuzia, una falsa sagacia

Tra i diversi insegnamenti di Nostro Signore narrati dall’Evangelista San Luca, troviamo il seguente: “I figli di questo mondo, infatti, nei loro affari sono più scaltri dei figli della luce” (Lc 16, 8).


Nel commentare questa frase, San Tommaso solleva un problema curioso: Nostro Signore elogia la scaltrezza dei figli delle tenebre! Ora, se la sagacia è una virtù, allora solo i figli della luce la possiedono… Come può Dio stesso riconoscerla in quelli che sono di questo mondo? 7


La soluzione di questa questione sta nel fatto che la sagacia, pur facendo parte della virtù della prudenza, comprende tre sensi o livelli.

Il primo di questi, falso, si trova in coloro che vivono nel peccato, e consiste nel disporre giustamente di ciò che si deve fare, ma avendo come fine qualcosa di cattivo. Questo è quello che succede quando si dice che un ladro è sagace. Questo atteggiamento non viene dalla sagacia, ma dal vizio dell’astuzia.


Sebbene la parola astuzia sia molte volte applicata al bene, ciò avviene per analogia, così come si può parlare di prudenza o sagacia anche per il male.8 In senso proprio, l’astuzia è sempre intesa in senso dispregiativo.

La scaltrezza dei figli di questo mondo si trova in questa prima categoria. Ecco perché Nostro Signore specifica: “nei loro affari”. Ossia, se uno è disonesto, le sue azioni avranno fini disonesti.


Scaltrezza quanto ai beni passeggeri


Incontro di Mosè nelle acque del Nilo – Chiesa di San Domenico di Silos, Cordoba (Spagna)

Al secondo livello enunciato dal Dottore Angelico, troviamo la sagacia che, sebbene vera, è imperfetta. Consiste nella scaltrezza in relazione ai beni passeggeri e non a quelli che si riferiscono alla vita eterna. Questa categoria comprende, per esempio, i commercianti, i generali e tutti coloro che usano la loro prudenza per ottenere successo nelle loro iniziative terrene.


La narrazione biblica della prima infanzia di Mosè (cfr. Es 1, 15–2, 9) ci rivela che questa è una caratteristica dell’anima – molto viva, del resto – del popolo eletto.


Per ordine del faraone, tutti i bambini ebrei avrebbero dovuto essere gettati nel Nilo appena nati. La madre di Mosè, come tante altre, voleva sfuggire a quest’obbligo iniquo. Così, invece di consegnare suo figlio alla morte, lo collocò con cura in una cesta tra i giunchi sulla riva del fiume vicino al luogo dove la figlia del faraone andava con frequenza, e lasciò Maria, la sorella del bambino, a osservare da lontano.


Accadde che la principessa sentì il pianto del neonato e, guardandosi intorno, trovò la cesta. Maria si avvicinò e, senza rivelare la sua relazione di parentela con il bambino, disse che conosceva una signora che avrebbe potuto allattarlo. Portò allora la propria madre dalla figlia del faraone, che la incaricò di occuparsi del bambino. Grazie alla sagacia di Maria, sua madre ebbe di nuovo Mosè tra le sue braccia e ricevette persino un salario per questo!


La perfezione della sagacia

Ci resta da considerare l’ultimo e più perfetto grado di questa virtù. Lo raggiunge colui che delibera rettamente, giudica e agisce in vista del fine ultimo della vita; pertanto, chi usa la sua prudenza per ottenere meriti e per progredire sempre sulla via della santità, poiché lo scopo dell’uomo non è altro che “amare, riverire e lodare Dio, e mediante questo, salvare la sua anima”. 9


Giobbe dice: “Non ha forse un duro lavoro l’uomo sulla terra […]?” (7,1). E “per vincere una battaglia, non basta che il guerriero sia solo forte, ma deve anche possedere la sagacia, ora per affrontare il nemico direttamente, ora per dribblarlo con destrezza”.10 Ciò che vale per il combattimento fisico, riguarda, ancora più propriamente, la conquista del Regno dei Cieli, perché “non c’è nessuno più astuto del diavolo”11 ed è contro di lui che lottiamo.


La sagacia si rende necessaria tanto per ciò che concerne la salvezza individuale dell’uomo quanto per l’esecuzione dei piani di Dio nello svolgimento della Storia, perché chi ama veramente il Creatore vorrà che Egli sia lodato e glorificato dall’umanità intera, in tutto il mondo.


L’esempio di Giuditta


Giuditta con la testa di Oloferne – Cattedrale di Lisbona

Esemplificativo di questa sagacia perfetta sembra il caso di Giuditta, narrato dalle Sacre Scritture.


Al tempo di Nabucodonosor, re di Babilonia, Oloferne marciò alla testa di un potente esercito con l’ordine di impadronirsi di tutte le province e di devastare quelle che non rispettavano i decreti reali. Sapendo che gli ebrei opponevano resistenza, si diresse verso la città israelita di Betulia e la assediò. Il popolo, privato dei rifornimenti e senza speranza di ottenere la vittoria, stava per capitolare. Alla luce di ciò, una vedova, ispirata dal Dio d’Israele, escogitò un piano di formidabile scaltrezza.


Durante la notte, camminò con la sua cameriera fino all’accampamento nemico. Affermando di essere portatrice di un messaggio cruciale che avrebbe condotto i pagani alla vittoria, riuscì facilmente ad oltrepassare le file dei soldati e a penetrare nella tenda dell’ufficiale assiro.


Dotata di una bellezza straordinaria, non fu difficile convincere quegli spiriti votati all’impurezza. Narrò la situazione in cui si trovavano gli ebrei, che vedevano in quell’assedio un castigo per i loro peccati. Erano certi della loro sconfitta e quindi sarebbe stato facile conquistarli. Come ci si poteva aspettare, Giuditta si guadagnò la fiducia del generale, che la chiamò a rimanere con lui nell’accampamento. Lei accettò, sostenendo solo che era sua abitudine uscire di notte per pregare il Dio dei suoi antenati, cosa che Oloferne permise con tutta la benevolenza.


Il quarto giorno, il generale convocò gli ufficiali a un banchetto in cui tutti, tranne Giuditta, diedero sfogo alla loro intemperanza. Dopo la cena, si trovò nella stessa tenda di Oloferne, che giaceva immerso in un sonno profondo, ubriaco di vino (cfr. Gdt 12-13).


La sorte del popolo israelita stava nella decisione di quella donna. A chi ricorrere? Era sola. Inoltre, doveva agire prontamente, altrimenti, gli ebrei sarebbero stati sconfitti.


Allora prese la spada che era alla testa del letto e, dopo aver pregato interiormente che il Dio d’Israele le desse la forza, sferrò due colpi sulla nuca del generale, staccandogli la testa. In seguito, la avvolse in un panno e uscì dall’accampamento con la sua serva. Siccome questo avveniva abitualmente, le guardie non furono sorprese.


Arrivata a Betulia, grande fu la gioia del popolo nel vedere il loro nemico sconfitto! E ancora più grande fu il terrore degli Assiri quando, il giorno dopo, gli Ebrei li attaccarono di sorpresa, ostentando la testa mozzata di Oloferne come vessillo sulla cima delle mura (cfr. Gdt 13-15).


Tutti possiamo essere sagaci

Dopo aver considerato ciò che San Tommaso dice sulla sagacia e aver contemplato esempi mirabili di questa virtù, alcuni spiriti meno allenati potrebbero immaginare che è qualcosa di impossibile da praticare per chi muove i primi passi nella vita spirituale. Forse qualcuno potrebbe anche pensare: “Ho già così tante difficoltà nell’affrontare i piccoli problemi della vita quotidiana… Non raggiungerò mai questa sagacia più elevata”.


Si sbaglia. A tutti coloro che possiedono la grazia, è data una capacità, almeno sufficiente, per tutto ciò che riguarda la salvezza.12 Dobbiamo avere la certezza che, ogni volta che sono in gioco la causa di Dio e il nostro destino eterno, come è successo a Giuditta o a San Paolo, il Signore sarà al nostro fianco per ispirarci il modo giusto di agire. Infatti, San Giovanni afferma: “L’unzione che avete ricevuto da Lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma la sua unzione vi insegna ogni cosa” (cfr. 1 Gv 2, 27).


Note

1 SAN TOMMASO D’AQUINO. Summa Theologica. II-II, q.49, a.4.

2 Cfr. Idem, q.48, a.1.

3 Cfr. Idem, q.49, a.3.

4 ARISTOTELE. Analytica posteriora. L.I, c.34.

5 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., q.47, a.14, ad 2.

6 Cfr. Idem, q.47, a.13.

7 Bisogna ricordare che il Dottore Angelico cita questo passo del Vangelo quando tratta della prudenza. Pertanto, il termine scaltrezza deve essere inteso come sinonimo di questa virtù.

8 Cfr. SANT’AGOSTINO. Contra Iulianum. L.IV, c.3, n.20. In: Obras Completas. Madrid: BAC, 1984, vol.XXXV, p.673.

9 SANT’IGNAZIO DI LOYOLA. Ejercicios Espirituales. In: Obras Completas. 2.ed. Madrid: BAC, 1963, p.203.

10 CORRÊA DE OLIVEIRA, Plinio. Conferenza. São Paulo, 13 settembre 1969.

11 SANT’AGOSTINO. Sermo XCI, n. 4 In: Obras Completas. Madrid. BAC, 1983, vol.X, p.597.

12 Cfr. SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., q.47, a.14, ad 1.

Fonte: Rivista Araldi del Vangelo - maggio 2021

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