Se Gesù non avesse assunto su di Sé il debito contratto dai nostri peccati, sarebbe stata impossibile la nostra riconciliazione con Dio…
Nel Mercoledì delle Ceneri hanno inizio i quaranta giorni che precedono la Settimana Santa, quando la Chiesa ci parla della necessità del digiuno e della penitenza come mezzi per combattere meglio i vizi, tramite la mortificazione del corpo e per favorire l’elevazione della mente a Dio.
In maniera irrefutabile la liturgia del Mercoledì delle Ceneri ci ricorda anche la nostra condizione di essere mortali: “Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai”, dice una delle formule usate dalla Chiesa per l’imposizione delle ceneri.
Il pensiero del passaggio da questa vita all’eternità molte volte ci inquieta. Tuttavia, tale pensiero é altamente benefico per farci meditare sulla necessità di
Nella sua seconda lettera ai Corinzi, San Paolo ci incoraggia a vivere nella grazia di Dio: ” Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio” (II Cor 5, 20). E con tutta ragione, perché il peccato ci allontana da Dio rendendo necessaria la nostra riconciliazione con Lui.
Soltanto l’Adorabile Sangue di Dio avrebbe il merito infinito di redimere il peccato originale e le offese commesse dagli uomini fin da Adamo ed Eva. L’Incarnazione della Seconda Persona della Santissima Trinità, con la sua Passione e Morte sulla croce, fu il mezzo scelto per restituire all’umanità perduta la piena amicizia con Dio.
Se Gesù non avesse assunto su di Sé il debito contratto dai nostri peccati, sarebbe stata impossibile la nostra riconciliazione con Dio e avremmo avuto per sempre chiuse le porte del Cielo.
La Quaresima è anche un tempo di preghiera la cui essenza, insegna il Catechismo, à l’elevazione della mente a Dio”. Così è possibile a chiunque rimanere in preghiera anche durante gli atti comuni della vita, svolgendoli con lo spirito rivolto verso il Cielo.
Per cui, per pregare non è necessario fare baccano con un’atteggiamento orgoglioso come i farisei. Dobbiamo, invece, essere discreti nelle manifestazioni esterne della nostra pietà privata, evitando gesti o parole che mettano in evidenza la nostra propria persona.
Ma se, tuttavia, la nostra devozione è notata dagli altri, non dobbiamo disturbarci. Tranquillizziamoci con questo insegnamento di Sant’Agostino: “Non vi è peccato nell’essere visti dagli uomini, bensì nel procedere con la finalità di essere visti da loro”.
La Chiesa ci presenta, quindi, lo spirito con cui si deve vivere la Quaresima: non fare opere buone con lo scopo di ottenere l’approvazione degli altri, non cedere all’orgoglio e nemmeno alla vanità, ma cercare in tutto di piacere soltanto a Dio.
Nel digiuno, nella preghiera o nel praticare qualsiasi opera buona, non si può isitutire come fine ultimo il beneficio che se ne può trarre, bensì la gloria di Colui che ci ha creato. Perché tutto quanto è nostro – eccezione fatta alle imperfezioni, alle miserie e ai peccati – appartiene a Dio.
Ed anche i nostri meriti, perché è Gesù stesso che afferma: “Senza di me non potete far nulla!” (Giov 15, 5). Così, se abbiamo la grazia di praticare un atto buono, dobbiamo immediatamente riportarlo al Creatore, restituendoGli i meriti, perché essi Gli appartengono e non a noi. “Chi si vanta si vanti nel Signore” (1 Cor 1, 31), ci avverte l’Apostolo.
Santa Teresa di Gesù definisce così l’umiltà: “Dio è la somma verità, e l’umiltà consiste in camminare sulla verità, perché è di grande importanza non vedere la cosa buona in sé stesso, bensì la miseria e il nulla”.
Riconosciamo i benefici che Dio ci concede e Lo ringraziamo per loro, senza mai collocarci come oggetto di questa lode, giudicando di essere noi la sorgente di qualsiasi virtù o qualità.
In questa Quaresima, cerchiamo più della mortificazione corporale di accettare l’invito che ci fa saggiamente il Vangelo, combattendo l’orgoglio con tutte le nostre forze. Alla destra di Nostro Signore Gesù Cristo, nel giorno del Giudizio Finale, si troveranno soltanto coloro che avranno vinto l’orgoglio e l’egoismo, riconoscendo che “ogni buon regalo e ogni dono perfetto viene dall’alto” (Gia 1, 17).
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