Tra mille altri fatti mirabili, gli annali della Compagnia di Gesù registrano un singolare intervento di Sant’Ignazio a favore di quattro nobili signore tormentate dagli spiriti infernali. Ascoltiamo il racconto che un famoso storico gesuita ci fa di questo edificante episodio.
Nell’anno 1598, quattro nobili signore di Modena furono dichiarate possedute dal demonio. Erano Luisa Fontana, Francesca Brancolini e Anna Brancolini, sue sorelle di latte, e Livia, figlia di Alberto Fontana, suo nipote. Luisa era sposata con Paolo Guidoni, Anna era rimasta nubile, Francesca e Livia erano religiose orsoline. L’invidia e la collera di vedere una famiglia possedere grandi virtù e dare mirabili esempi portarono l’angelo delle tenebre, come costui rivelò più tardi, a fare loro questo oltraggio, nella speranza di indurle a compiere qualche azione indegna di loro. Ma Dio non permise che la loro virtù fosse pregiudicata da una possessione che tormentò crudelmente i loro corpi e offrì loro preziosi meriti di pazienza.
Vittime innocenti dei tormenti più spaventosi I primi effetti che sentirono, furono strane malattie che le costrinsero a fare frequenti e costose visite presso i medici più qualificati. Tutto invano, perché queste sfortunate passavano da un male a un altro com pletamente opposto, così improvvisamente che del primo non restava alcuna traccia, proprio come nessun sintomo precedeva il secondo: un giorno erano in piena salute, il giorno dopo, all’estremo opposto; ad un certo momento si alzavano improvvisamente resuscitate, un attimo dopo ricadevano in nuovi e strani incidenti. Quando si ricorreva a oggetti benedetti, il male cedeva nel punto in cui erano applicati, ma riappariva altrove, cambiava soltanto di posto.
Oltre alle sofferenze corporali, queste dame erano afflitte dal genere più crudele di tentazioni per anime così pure, un tormento di gran lunga superiore ai tormenti fisici. Il Signore stesso, però, le custodiva e le manteneva senza macchia; i demoni senza poter fare altro, facevano pronunciare loro le più odiose imprecazioni. Consegnarsi alla preghiera, cosa che prima era così abituale, diventò molto penoso. Peggio ancora, assistere alla Messa: quando questa cominciava, veniva loro una smania che costringeva le persone presenti a portarle fuori dalla chiesa.
Il loro tormento più terribile era una tentazione così violenta da distruggere che a volte per sfuggire alla sorveglianza, esse si ritiravano nelle stanze e si maltrattavano a tal punto che, sentendo il rumore dei colpi e le grida che sfuggivano loro, le persone accorrevano a salvarle. Presa da un improviso furore, quella che era sposata una volta corse fino al punto più alto della casa, per lanciarsi da lì in strada; ma Dio permise che suo marito, rendendosi conto delle sue intenzioni, le corresse dietro e arrivasse in tempo ad afferrarla. Il demonio che la spingeva a cercare così la morte la gettò a terra così violentemente che svenne.
Sant’Ignazio di Loyola
Un quadro di Sant’Ignazio terrorizza gli spiriti infernali
Si cercò allora nei mezzi ordinariamente impiegati dalla Chiesa il rimedio per queste violente manifestazioni. Furono chiamati Don P. F. Benoît Merla, domenicano, e Don Girolamo Fontani, gesuita; il primo, come capo degli esorcisti, e il secondo come parente delle infelici donne. Tuttavia, per quanto questi cercassero di scoprire se esse fossero realmente possedute, non ottenevano alcun segnale positivo. Tuttavia, un giorno in cui i due sacerdoti esorcizzavano le malate, Don Girolamo Bondinari, gesuita, loro confessore, entrò discretamente nel locale e fissò sulla parete un quadro di Don Ignazio.1
Don Daniele Bartoli, SJ
In quel momento la presenza di demoni si fece sentire per lo stato di agitazione e di furore al quale essi ridussero quelle sfortunate. Dalle loro bocche, chiedevano a Don Girolamo perché avesse portato l’immagine di quell’uomo che essi detestavano, e contro il quale comin ciarono a vomitare gli insulti più grossolani.
In seguito, s’incoraggiavano a vicenda a non lasciarsi vincere, loro, così numerosi, da un solo uomo, oltretutto, sciancato, pelato e quasi cieco – era così che essi descrivevano Ignazio. Nessuno di loro doveva essere codardo al punto da abbandonare quella che possedeva. Uno di loro, tuttavia, più terrorizzato alla vista del quadro di Sant’Ignazio che animato dagli incentivi dei suoi compari, fuggì, lasciando quasi morta l’infelice ragazza. Quando questa riprese conoscenza, disse che aveva visto vicino a lei Sant’Ignazio che la incoraggiava e le prometteva la sua completa liberazione.
Confusione e tumulto davanti a una reliquia del Santo
Una volta scoperti, gli spiriti infernali non ebbero più timore di dare segni inequivocabili della loro presenza, come quello di parlare diverse lingue, in particolare latino, arabo e una sorta di dialetto ugualmente ignorato dalle povere donne; di raccontare, come se li vedessero, eventi che accadevano lontano da lì; di riconoscere le reliquie che esse non sapevano da dove provenissero; e altri segnali non meno sicuri. Essendo così ben constatata la possessione, si utilizzarono i mezzi più potenti per liberare le quattro dame. Esse furono condotte dalla Madonna di Reggio, da Santa Agueda di Sorbera, alla tomba di San Giminiano, tre famosi luoghi di pellegrinaggio, soprattutto avendo presente la loro triste situazione. Interamente senza risultato. Allora, dopo aver notato che solo a sentire il nome di Ignazio i demoni si agitavano, e che alla semplice vista della sua immagine una truppa di spiriti infernali era fuggita terrorizzata, esse depositarono in lui tutta la loro speranza e si impegnarono con un voto a celebrare ogni anno la sua festa e a digiunare alla vigilia.
La loro fiducia e speranza crebbero quando arrivò a casa loro una reliquia del Santo, inviata da Roma. Essa causò tanta confusione e scompiglio nei diavoli che essi, maledicendo chi l’aveva mandata, gridavano infuriati che era giunto l’uomo che li avrebbe espulsi da quella casa. Nello stesso giorno questo fu confermato, perché il capo di quella banda infernale, che dimostrava più sfrontatezza e coraggio degli altri, dopo aver detto che non temeva né Ignazio né i suoi simili, e che non sarebbe indietreggiato davanti a loro, cambiò improvvisamente il linguaggio ed esclamò, gemendo e tremando: “Povero me! Povero! No, non può essere così! Esce da quest’osso (facendo allusione alla reliquia) una fiamma che mi brucia e mi divora! Non posso sopportarla più: Ignazio mi caccia!” Ripeté tre volte queste ultime parole e aggiunse che presto si sarebbero operati altri miracoli in suo nome, e che i demoni sarebbero stati forzati a contribuire davanti al Santo Padre per la sua canonizzazione. Dicendo questo, fuggì.
“Sono i meriti di Ignazio che mi espellono”
Un altro di loro cominciò a vomitare nuove ingiurie contro Ignazio, a giurare che nulla sarebbe riuscito a espellerlo, fino a deridere la codardia dei suoi compari che erano fuggiti. Ma in mezzo a queste proteste, sentendosi costretto a fuggire, si gettò in ginocchio davanti a una spina della santa corona del Salvatore, venerata in quella casa, e gridò: “Se esco da questa donna, non è Ignazio che mi obbliga, che sia chiaro, è questa spina, il cui potere supera il mio”. Tuttavia, parlando così, non si allontanava. Alla fine, gettò un grido spaventoso, si trascinò in ginocchio fino all’immagine del Santo e là, prosternato, disse: “Sotto costrizione, confesso: sono i meriti di Ignazio che mi espellono”. E nelle stesso istante lasciò il corpo dell’infelice.
Accadde la stessa cosa ad altri spiriti infernali che, attribuendo la loro sconfitta all’uno o all’altro potere, finivano sempre per riconoscere che era Ignazio che li costringeva a ritornare all’inferno. Ogni giorno che passava le povere possedute si vedevano libere da alcuni di questi capi che trascinavano con sé altri nella fuga. Durante uno dei loro momenti buoni, qualcuno diede loro da leggere la vita di Sant’Ignazio e, più di qualsiasi esorcismo, questa lettura le liberava da vari demoni, i quali, parlando per bocca di una di loro, dicevano che preferivano fuggire che continuare ad ascoltare la lettura di questo maledetto libro; e di fatto la lasciarono. Altri gridavano uscendo: “Oh! Dio, Tu ci hai privato della gloria per darla a questo storpio!”
Egli la introdusse in Paradiso come figlia
Finalmente, dopo tante sofferenze, tutte queste sfortunate si videro libere dall’angosciante possessione e recuperarono la salute, la pace, la pietà. A ricompensa dei loro lunghi tormenti e della loro fedeltà in mezzo a tante crudeli tentazioni, Dio concesse loro grazie speciali, particolarmente a Luisa, che ricevette il dono della preghiera e dell’unione con Dio in un grado così alto che le pareva di non poter allontanare da Lui il suo pensiero, né parlare se non di Lui. Condusse la più austera delle vite e si sarebbe consegnata a eccessi se il suo direttore spirituale non avesse stabilito limiti a suo favore. Visse cinque anni dopo questi avvenimenti e si spense alla vigilia della festa di Sant’Ignazio, il quale, a dar credito alla rivelazione fatta da un demonio in un esorcismo, la introdusse in Paradiso come sua figlia.
È certo che una mattina lei apparve a una delle sue figlie, di nome Doria. Era vestita di bianco, luminosa come il sole. Esortò la figlia a perseverare sulla via della perfezione che aveva scelto, e per rafforzarla in tale decisione, e le raccontò cose meravigliose riguardo i Beati.
Il potere esorcistico di una bambina devota
Trascorsi due anni dai fatti sopra narrati, Livia, la più giovane delle quattro donne che tanto avevano sofferto, rimase posseduta di nuovo. Il primo segno si manifestò con grida violente che i demoni le facevano emettere, dicendo che Ignazio non voleva lasciarli in pace e ricominciava a perseguitarli come prima. Entrarono poi in un terribile furore, strappando i capelli e deformando la fisionomia di questa poveretta, pronunciando in diverse lingue parole di disperazione.
Ella riceveva anche durante le crisi più violente, un grande sollievo da una bambina, sua cugina, che, quando la vedeva presa dalla furia faceva su di lei il segno della croce e, nel nome di Sant’Ignazio, le dava ordine di calmarsi; e il diavolo obbediva immediatamente, in modo che la bambina, solo tenendo la mano della posseduta, la portava dove voleva. Un altro demone si faceva beffe di questo, dicendo che una formica trascinava un elefante; ma l’orgoglioso spirito che era costretto a obbedire si difendeva, dicendo che non obbediva alla bambina, ma al suo Angelo Custode, e quest’ultimo a Sant’Ignazio che lo inviava.
Quando gli esorcismi li mettevano in fuga, molti gridavano che chi li espelleva era l’Angelo Custode di Ignazio, ma la stessa ragazzina vide diverse volte il Santo con aria grave e maestosa, tenere in mano una terribile frusta i cui colpi i demoni non potevano sopportare, e così ella fu nuovamente liberata.
Trascritto da BARTOLI, SJ, Daniele. Histoire de Saint Ignace de Loyola et de la Compagnie de Jésus. Paris: Auguste Vaton, 1844, t.II, p.414-420
1 Deceduto nel 1556, Sant’Ignazio di Loyola fu beatificato nel 1609 e canonizzato nel 1622. Nell’epoca dei fatti sopra narrati, era comunemente chiamato “Don Ignazio” (Nota del traduttore).
Fonte: Rivista Araldi del Vangelo · Agosto 2017
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